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R: Suite francese - Irène Némirovsky
Romanzo stupendo da leggere assolutamente, autentica sorpresa e autrice meravigliosa tutta da scoprire, condivido pienamente ciò che Pietro Citati brevemente osserva: «Quasi senza saperlo, per una specie di grazia infusa, Irène Némirovsky possedeva i doni del grande romanziere, come se Tolstoj, Dostoevskij, Balzac, Flaubert, Turgenev le fossero accanto e le guidassero la mano mentre lei scriveva sui suoi quaderni ... Quando abbiamo finito di leggere le due prime parti di Suite francese, resta in noi una strana sensazione di letizia. Non sappiamo se essa dipenda dalla gioia nascosta sotto le tragedie della vita; o dalla felicità fisica di raccontare senza fine. Il tono volentieri lirico; l'eco melodiosa della frase; la ricchezza delle sensazioni; la bellezza della natura; gli animali quasi umanizzati; la luce del sole al mezzogiorno o al tramonto; il chiarore onnipresente della luna si sciolgono e si perdono nella fluidità della vita».
Oggi, “Giorno della Memoria”, voglio riflettere su questo libro anche se non parla direttamente della persecuzione contro gli Ebrei perché: 1) L’autrice era ebrea e fu internata ad Auschwitz dove poi morì per febbre tifoide nel 1942 e non permise di terminare questo romanzo che prevedeva cinque parti come un poema sinfonico (Tempesta in Giugno, Dolce, Prigionia, Battaglie e Pace) fece in tempo a terminare solo le prime due. 2) Tempesta in Giugno parla del tracollo della Francia alle temperie dell’invasione nazista nel giugno del ’40, dove la popolazione parigina fu costretta a sfollare a sud del paese che poi diverrà zona “libera” della Repubblica di Vichy filonazista che promulgherà anch’essa le leggi razziali, dove l’autrice abitava e la costringerà a portare la stella di Davide cucita sugli indumenti, sarà così che poi verrà arrestata ed internata ad Auschwitz. In questa parte colpisce la metamorfosi delle persone di fronte al terrore dell’invasione, dove a prevalere è l’egoismo delle persone e gli istinti di sopravvivenza, pochi sono gli spazi della condivisione. Assomiglia a quello che è successo a livello mondiale con l’invasione del Covid, fatte le dovute proporzioni. 3) “Dolce” parla di una storia d’amore tra una donna francese ed un ufficiale tedesco della Wehrmacht, leggete questa piccola parte: «E allora? Tedesco o francese, amico o nemico, è prima di tutto un uomo, e io sono una donna. E con me è affettuoso, tenero, pieno di attenzioni... È un ragazzo di città, ben curato a differenza degli uomini di qui; ha una bella pelle, denti bianchi. Quando bacia ha l'alito fresco, non sa di alcol come i ragazzi di paese. A me basta. Non cerco altro. Ci complicano abbastanza la vita con le guerre...”. Morale, nonostante la guerra la vita ha il suo corso normale: si muore di malattia, si nasce, le margherite crescono sul prato, si può avere il mal di denti e….le persone si amano che poi è la vera e autentica vocazione dell’uomo e del creato come Dio ci ha donato. Da questo racconto verrà prodotto anche un omonimo film nel 2014 di Saul Dibb. 4) L’autrice è di origine ucraina (nata a Kiev) e un paragone a ciò che sta succedendo in Ucraina sorge spontaneo e il pensiero va alla popolazione costretta a sfollare (quante famiglie ospitiamo qui da noi? Zona libera.) E i nazisti quali Putin intende scacciare, da che parte veramente sono? Vi propongo alcune autentiche immagini riqualificate e colorate di quel tremendo periodo.
MASSIMO PERLINI - 1 anno fa
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R: Le otto montagne - Paolo Cognetti
Un romanzo che mi ha veramente entusiasmato soprattutto per la grande capacità dell’autore di descrivere i vari contesti: dall’alta Valle di Ayas (Valle d’Aosta) dalla straripante bellezza dove si collocano la maggior parte degli eventi, alla caotica ed inquinata città di Milano. Molte le emozioni e i ricordi che mi sono affiorati alla mente, perché è una zona che conosco abbastanza bene e che da giovane ho avuto modo di esplorare assieme a dei cari amici. Una famiglia di veneti che agli inizi frequentavano assiduamente le Dolomiti, come molti di noi (qui ho rivisto la mia famiglia) e che poi per ragioni lavorative si sono trasferiti a Milano. Vari i temi che emergono da questa agile lettura essenzialmente dovuta anche alla capacità dell’autore di trasferire qualitativamente in queste pagine i sentimenti e le emozioni, molto simili alle emozioni che io stesso ho provato. Il contesto della montagna ha sicuramente favorito lo sviluppo e l’emergere del primo tema: la bella e fedele amicizia dei due protagonisti Pietro e Bruno che parte da quando erano bambini fino all’età adulta. Una classica amicizia tra due maschi, dove a prevalere sono i silenzi e i non detto, alle intese con uno sguardo e un rimandare le decisioni prese a cuore, ma mai esplicitate e forse solo sottointese. Le figure femminili ci sono, ma fanno da contorno, significativo ma laterale. Poi il tema della maestosità della natura alpina che mi riesce impossibile esprimere quanto molto efficacemente ha fatto l’autore; da qui nascono collaterali alcune riflessioni sullo sfruttamento ed incontrollato sviluppo turistico di tali zone con la costruzione di impianti di risalita per i sciatori, sulla conservazione dei mestieri e delle tradizione degli alpeggi e paesi alpini, sul nostro stile di vita qui in città e quello in alta montagna generando in noi metamorfosi nostalgiche ai bei tempi che furono. Anche il tema della relazione: “Padri e Figli” è interessante e pone degli interessanti interrogativi: “Noi siamo chi abbiamo incontrato”, a cominciare dai nostri genitori. Come vedete un libro molto bello ed interessante che giustamente ha vinto il “Premio Strega 2017” e che ha prodotto l’omonimo adattamento cinematografico che a sua volta ha vinto il premio della giuria al recente 75º Festival di Cannes.
MASSIMO PERLINI - 1 anno fa
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R: Gli sdraiati - Michele Serra
“Gli Sdraiati” di Serra Michele.
Io sono stato adolescente e sono stato padre di adolescenti, ora sono nonno con dei fantastici nipotini che sono figli dei miei figli che erano adolescenti. Come vedete, anche secondo le ultimissime parole del libro: “Finalmente posso diventare vecchio” e ne sono grato, è veramente un dono. Con queste ultime parole del libro che ho appena sottolineato, penso si racchiudi tutto il senso di questo bellissimo libro e penso si racchiuda tutto il fine escatologico di essere padri, sì padri ma anche figli. Penso che essere padri è una vera missione, una vocazione, una scoperta, un senso della vita, una unione sponsale (non si diventa padri da soli), una responsabilità, un grandissimo dono. Domanda! Siamo pronti a tutto questo? No! Nessun padre vero lo è prima di diventarlo, lo si diventa strada facendo, si cresce pari pari con il figlio, ogni figlio (perché ogni figlio è diverso). L’autore ci presenta una storia penso molto autobiografica, segnata però da una fatica aggiuntiva, cioè essere padri separati dal coniuge, che per fortuna non è stata la mia esperienza. Non è cosa da poco, perché un figlio che cresce in una famiglia che purtroppo non è più una famiglia, si presentano delle problematiche ulteriori e per forza di cose anche la relazione padre/figlio ne risulta sbilanciata e contaminata. Quindi dobbiamo partire da questa base di partenza per svolgere ulteriori riflessioni. L’autore è stato molto bravo nel descrivere la sua posizione di padre, usando un linguaggio ironico, comico, poetico, lessicale, a volte volgare, criptico, allegorico, duro, profondo. Ma forse, tutta questa ricchezza, si è trasformata in limite di comprensione. Ebbene sì, spesso ho dovuto rileggere alcuni passaggi, perché facilmente perdevo la sintonia per l’uso eccessivo di linguaggio ricercato, forbito, innovativo ed era difficile collegarsi immediatamente al linguaggio usato, che cambiava continuamente: a volte comico, a volte parodia, a volte filosofico, a volte reale, a volte allusivo, allegorico, metaforico. Troppo, forse una overdose. Altro limite è forse un atteggiamento troppo ossessivo da parte del padre nel trovare le risposte, senza capire bene quali erano prima le domande. Ma si sa nell’età adolescenziale è difficile districarsi, anche perché si è molto dilatata (qui si parla di diciannovenni/ventenni). Molto bello il richiamo tra un capitolo e un altro, una specie di fil rouge, della famosa salita al Colle della Nasca che altro non è che una metafora del cammino di crescita della relazione padre/figlio che inevitabilmente deve portare ad un distacco ed ad una separazione per raggiunta autonomia del figlio. La consapevolezza di questa separazione è necessaria, ma è sempre dolorosa e l’autore ce ne offre una testimonianza (occhi umidi durante l’ultima salita). E’ una esperienza che anch’io ho vissuto, in modo diverso ovviamente, quando mio figlio si è sposato e con il suo trolley e bagaglio, in solitaria l’ho visto allontanarsi dalla mia casa. In quel momento ho pianto e ora che ci ripenso piango ancora. Per nascere a nuova vita è necessario ci sia una perdita, un distacco e una separazione è per legge naturale e oserei dire “Divina”. Oggi è Sabato Santo e domani è Pasqua: è la storia di Cristo, è la storia del Padre, di tutti i padri. Buona Pasqua a tutti e in modo particolare ai Padri.
MASSIMO PERLINI - 12 mesi fa
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Ci vediamo per un caffè - Toshikazu Kawaguchi
Romanzo breve (160 pag.) ma righe importanti e significative, bella scrittura che racconta una storia intrigante dai contorni onirici con un obbiettivo molto preciso: quello di dire “le parole che non abbiamo detto” a coloro che nel passato abbiamo amato e che ora non ci sono più. Non è difficile riconoscersi ed immedesimarci, tutti abbiamo dei “sospesi” e dei “non detto”. Parole che magari potevano dare un corso diverso alla rispettiva relazione che possono ancora essere restituite. Una storia che è una specie di esame di riparazione fuori tempo massimo e lo possiamo fare bevendo semplicemente un caffè, basta che rimanga caldo. Mi sono veramente commosso a leggere queste impossibili righe di una fantasiosa macchina del tempo che ti riporta indietro ed incontrare la tua famiglia, il tuo amato e fedelissimo cane, il fidanzato o la fidanzata, il padre … è forse un suggerimento? Ora anche noi potremo incontrarli, l’amico, il fratello o la sorella, la nonna, la madre … tutti coloro che hanno segnato in modo significativo la nostra esistenza. E’ un esercizio che possiamo fare ora anche noi, basta entrare in un qualsiasi locale e sederci al tavolo e bere un caffè, e mentre lo sorseggiamo pensare a coloro che non ci sono più e provare a parlare con loro, dire le parole che non abbiamo detto, chissà che uscendo dal locale ne usciamo rinfrancati e portare le memorie, le parole e forse qualcosa di più che prima non avevamo potuto dire o che addirittura loro potevano dirci. Infine scoprire e avvertire un vento, un soffio che ancora trasporta il calore reale di una voce, di una parola e di una carezza di coloro che abbiamo amato e ci hanno amato tanto.
MASSIMO PERLINI - 4 mesi fa
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Crescita - Vaclav Smil
“Crescita. Dai microrganismi alle megalopoli” di Smil Vaclav.
Oggi 23 e ieri 22 aprile 2023 sono stati rispettivamente: “La giornata mondiale del libro e del diritto d’autore” e “La giornata mondiale della Terra”. Questo libro che vi presento cade a pennello per unire simbolicamente le due giornate ravvicinate. La crescita è da sempre un obiettivo, dichiarato o implicito, degli sforzi individuali e collettivi. La natura stessa della terra è l’habitat ideale per la “Crescita” con le sue risorse che però non sono infinite. L’autore offre un’indagine, minuziosa e sistematica della “Crescita” nella natura e nella società, dai microrganismi agli imperi e alle civiltà. Ci accompagna a partire dalle invasione batteriche, passando dal metabolismo animale (compresi i tumori) e arrivando alle megalopoli e all’economia globale. Inizia con organismi di dimensioni microscopiche (anche i virus), fino all’evoluzione di esseri viventi sempre più grandi e alla crescita umana dall’infanzia all’età adulta. Dalla biologia alla tecnologia, il libro percorre la storia della vita sulla Terra, dedicando ampio spazio all’evoluzione della capacità di produrre energia e manufatti che favoriscono attività economiche, segnando progressi essenziali per la civiltà. Infine, guarda alla crescita nei sistemi complessi, dalle popolazioni umane alle città. La dinamica della civiltà moderna, guidata dagli imperativi opposti della crescita materiale e dei limiti della biosfera, resta incerta e difficile da governare: verso quale futuro si avvia il mondo? Una crescita senza fine non è sostenibile per una realtà fatta da risorse finite. Questo ultimo interrogativo mi inquieta assai perché mi sembra persista nella nostra società un difetto cognitivo nel leggere la realtà. Se vogliamo è un paradosso nell’era della iperinformazione che evidentemente scorre e passa ma non forma; non forma le menti a rispondere responsabilmente, come individui non indipendenti ma in relazione. Persiste il mito globalista e quello speculare localista che ignorano l’ambivalenza della dimensione dei confini e dei limiti. Continua la tragica logica sacrificale che produce scarti e infine la rimozione del nostro essere mortali, quando invece, secondo le parole di Umberto Saba “È il pensiero della morte che alla fine aiuta a vivere”. Siamo alla catastrofe? Spero di no e penso che siamo ancora in tempo a dei cambiamenti. Vi propongo il pensiero di una bravissima sociologa (Chiara Giaccardi) che ha ripreso questi terribili retroscena leggendo e interpretando quel “rovesciamento” che ogni “catastrofe” etimologicamente rappresenta. La fine di “un” mondo, infatti, non è per ciò stesso la fine “del” mondo. Così, a partire dal paradosso come elemento costitutivo di ogni vita umana, è stata proposta una “odologia” (ricerca di un cammino da percorrere), una sapienza di cammini diversi che sta a ciascuno di noi e alla società come corpo intraprendere: la resilienza come capacità di ribaltare la morte in vita, l’inter-indipendenza come consapevolezza di essere tutti legati tra noi e con le generazioni che ci hanno preceduto e che verranno dopo di noi, la responsività come capacità che va oltre la responsabilità di chi risponde di sé e diviene capacità di rispondere al legame che unisce agli altri, la cura che, partendo da un cuore che si scalda per l’altro quando finalmente accettiamo di vederlo, diviene sollecitudine e impegno anche politico per lenire le sofferenze e, infine, la pro-tensione che libera il futuro da un fatalistico “divenire” per trasformarlo in un “avvenire” per il quale osiamo rischiare l’avventura. Vi propongo la copertina del libro e anche dell’altro libro che ho citato di Chiara Giaccardi che ha scritto insieme al marito Mauro Magatti : “Nella fine è l’Inizio” dove inoltre si parla di scenari post-covid19 e infine la musica geniale di Vangelis con il brano “Psalmus Ode” dove viene rappresentato un cammino e una preghiera con delle magnificamente opposte tonalità (acuti e bassi) che racchiudono tutte le voci dell’umanità che poi si conclude dove l’oggetto alla nostra attenzione scompare….sta a noi decidere che ciò non avvenga.
https://youtu.be/NIpetJ5n8U8
MASSIMO PERLINI - 11 mesi fa
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Harry Potter e la pietra filosofale - Joanne K. Rowling
“Harry Potter e la Pietra Filosofale” di Rowling J.K.
Premetto che (forse pregiudizialmente) di non amare assolutamente i libri fantasy e neppure le loro traduzioni cinematografiche, mi viene l’orticaria solo a vedere alcuni fotogrammi. Leggendo questo romanzo, ho dovuto però ricredermi, almeno parzialmente. Ho trovato questa opera veramente formidabile dal punto di vista dei contenuti e valori educativi, non è la solita favoletta fine se stessa, gli spunti di riflessione sono tanti ed importanti e sono fruibili da tutti e per tutti, ragazzi ed adulti compresi. La prosa e il linguaggio usato è assolutamente agevole, anche perché pensato più per i ragazzi. Numerosissimi i personaggi e i contesti, ma sono tutti spiccatamente e caratterialmente singolari e quindi facilmente memorizzabili. Uno dei temi iniziali, che ho trovato anche molto natalizio, è la storia di Harry Potter in fasce che perde entrambi i genitori, in seguito affidato ad una famiglia di parenti molto egoista. In questo affidamento forzato vedo un Bambino Gesù, nato sì in una amorevole famiglia, ma nato anche in un mondo pieno di egoismi che lo porteranno poi alla croce. Gesù come Harry Potter hanno metaforicamente usato molto la bacchetta magica, non per fare magie, ma per riportare ciò che già in natura è attingibile: la Verità, La Giustizia, la Libertà e più importante di tutti l’Amore, che sono o sarebbero alla portata di tutti e disponibili a e per tutti, certamente nell’ impegno per raggiungerli. Una frase che mi ha molto colpito e commosso è quella pronunciata verso la fine da Albus Silente verso Harry Potter: ”Essere stati amati così intensamente (riferendosi ai genitori morti di Harry) ci dà una sorta di protezione, anche quando la persona che ci ha amato non c’è più. E’ una cosa che ti resta dentro, nella pelle.” Scopriamo così che anche noi possiamo fare delle magie in questo Natale che ormai è alle porte, senza usare la bacchetta magica.
Harry Potter e la pietra filosofale (titolo originale in inglese: Harry Potter and the Philosopher's Stone) è il primo romanzo della saga high fantasy Harry Potter, scritta da J. K. Rowling e ambientata principalmente nell'immaginario Mondo magico durante gli anni novanta del XX secolo. Ideato proprio nei primi anni novanta, Harry Potter e la Pietra Filosofale fu pubblicato poi nel 1997. Tradotto in 77 lingue, tra cui il latino e il greco antico, resta una delle più popolari opere letterarie del XX secolo con una vendita globale di 120 milioni di copie. In Italia è stato pubblicato da Adriano Salani nel maggio 1998, con illustrazioni di Serena Riglietti e traduzione di Marina Astrologo. Nel 2001 ne è stato tratto un adattamento cinematografico distribuito da Warner Bros. e diretto da Chris Columbus, che ha incassato più di 974 milioni di dollari al botteghino mondiale, inserendosi così al quarantasettesimo posto nella classifica dei film con maggiori incassi nella storia del cinema.
MASSIMO PERLINI - 3 mesi fa
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Il palazzo delle donne - Laetitia Colombani
Bravissima l’autrice a ricavare e costruire, da una remota storia veramente vissuta a partire dal 1925 a Parigi, un intreccio e trama per un racconto romanzato ai giorni nostri. Sì, se è vero che la sua opera prima recava il titolo: “Treccia” (già caso letterario), con questo romanzo possiamo tranquillamente affermare che questa “treccia” continua, le vicende umane continuano ad intersecarsi ed intrecciarsi. Molto di quello che ora l’interprete Solène dispone, fa, progetta e che alla fine la porterà a fare più di una scelta radicale, è dovuto, costruito e donato da coloro che l’hanno preceduta e cioè dai coniugi Peyron: Blanche (l’altra interprete) e Albin “Combattenti…è proprio il caso di dirlo, dell’Esercito della Salvezza”. Anche attraverso la loro solidissima relazione, espressione di una grande intesa fino all’estremo e, toccanti sono le parole pronunciate dal marito al capezzale di Blanche: “Ti tengo con me con la stessa forza con cui tu mi porti con te”. Molto agile e scorrevole la lettura anche per un linguaggio semplice, che esprime efficacemente le emozioni, i sentimenti e i drammi, tanto che il lettore ne resta sorpreso, meravigliato e talvolta commosso. Il romanzo si sviluppa nella stanza degli ultimi, dei dimenticati e degli scarti dell’umanità. Parliamo di quelle donne ferite che venivano letteralmente gettate ai margini della società parigina e non trovavano sostegno, ricovero e aiuto. In questo contesto molto difficile, le due interpreti saranno capaci di fare degli approcci e dare delle risposte diversissime tra loro, ma nello stesso tempo molto efficaci, da poterle tranquillamente definire delle autentiche “eroine”. Blanche molto tenace, convinta ed intraprendente, l’altra all’inizio molto fragile ma poi anche lei capace di ereditare le capacità di chi l’ha preceduta e, la scritta su un muro molto bene riassume la sua vicenda: “Siano benvenute le crepe, perché lasciano passare la luce”. A mio avviso Blanche, che insieme al marito ha dovuto costruire tutto da zero, ha avuto nella vicenda narrata un approccio di tipo “assistenziale”, cioè procurare i “mezzi” e le “opere” per combattere efficacemente e oserei dire, materialmente queste povertà. La sua tenacia mi viene spontaneo associarla alle così dette “Sette Misericordie Corporali” che molto bene vengono rappresentate dal polittico del Maestro di Alkmaar (1504) realizzato per la chiesa di San Lorenzo a Alkmaar nei Paesi Bassi che vi propongo. I pannelli di legno mostrano le opere in questo ordine: dar mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, seppellire i morti, alloggiare i pellegrini, visitare i malati, e visitare i carcerati. Mentre Solène ha un approccio di vicinanza e di compassione con queste povere tribolate, che possiamo definire di “Accompagnamento” e spontanea mi viene l’associazione alle opere delle “Sette Misericordie Spirituali” che di seguito vi propongo di ascoltare e meditare attraverso Radio Vaticana, Prendersi cura del cuore, Catechesi di don Fabio Rosini:
Consigliare i dubbiosi: https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2021/11/20/17/136319738_F136319738.mp3
Insegnare agli ignoranti: https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2021/11/20/17/136319751_F136319751.mp3
Ammonire i peccatori: https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2021/11/20/17/136319759_F136319759.mp3
Consolare gli afflitti: https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2021/11/20/17/136319766_F136319766.mp3
Perdonare le offese: https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2021/11/20/17/136319779_F136319779.mp3
Sopportare pazientemente le persone moleste: https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2021/11/20/17/136319838_F136319838.mp3
Pregare Dio per i vivi e per i morti: https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2021/11/20/17/136319846_F136319846.mp3
Come si può vedere sono due modalità diversissime di operare, di pari dignità ed efficacia e sarà bene che tra loro si intreccino, si mescolino e collaborino: “perché la nostra vita possa finalmente cominciare”.
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Werken_van_Barmhartigheid,_Meester_van_Alkmaar_(1504).jpg
MASSIMO PERLINI - 1 anno fa
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La guerra dei Courtney - Wilbur Smith
"La Guerra dei Courtney" Di Smith Wilbur.
Leggere romanzi di Wilbur Smith è una garanzia per gli amanti della storia vera romanzata, con innesti di avventura, dramma, saghe famigliari, intrecci umani, sentimento e sesso; ed è per questo che è una lettura consigliata per soli adulti. Sarebbe banale che ora io elogiassi la capacità narrativa dell’autore che è già ampiamente dimostrata dai milioni di copie vendute in tutto il mondo, posso solo dire che questi ultimi suoi romanzi scritti in collaborazione con altri autori, sono l’evidente segno di un suo declino per gli ormai raggiunti limiti di età. I romanzi di questo autore li ho letti quasi tutti e le differenze con i primi e quelli della sua maturità artistica sono palesi, restano comunque delle piacevolissime ed interessanti letture, che hanno forse il difetto di essere prodotti quasi esclusivamente con finalità commerciali sfruttando fino all’ultimo il blasone di autorità letteraria dell’autore. Dalla terza di copertina: Due eroi. Un legame indissolubile. Parigi, 1939. Separati dalla guerra, a migliaia di miglia di distanza l'uno dall'altra, Saffron Courtney e Gerhard von Meerbach lottano per sopravvivere al conflitto che sta dilaniando l'Europa. Gerhard, ostile al regime nazista, è deciso a rimanere fedele ai propri ideali nonostante tutto e combatte per la madre patria nella speranza di poterla liberare, un giorno, da Hitler. Ma quando la sua unità si ritrova coinvolta nell'inferno della battaglia di Stalingrado, si rende conto che le possibilità di uscirne vivo si affievoliscono di giorno in giorno. Saffron, che nel frattempo è stata reclutata dal SOE, l'Esecutivo Operazioni Speciali, e inviata nel Belgio occupato per scoprire in che modo i Nazisti sono riusciti a infiltrarsi nella rete dell'organizzazione, deve trovare il modo di sfuggire all'implacabile spia tedesca che le dà la caccia. Costretti ad affrontare forze malvagie e orrori indicibili, i due innamorati sono chiamati a prendere la decisione più difficile: sacrificare se stessi, o cercare di sopravvivere a ogni costo nella speranza che il destino, un giorno, permetterà loro di ritrovarsi. Una storia epica di coraggio, tradimento e amore imperituro che porta il lettore nel cuore della Seconda guerra mondiale.
MASSIMO PERLINI - 1 anno fa
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La treccia - Laetitia Colombani
“La Treccia” di Colombani Leatitia.
Come per “Il Palazzo delle Donne”, questa autrice ama raccontare le vicende umane quando si connettono, si intrecciano, come fosse un passaggio di testimone di compenetrazione esistenziale, che rende esplicito ed implicito una sorta di eucarestia, di ringraziamento e preghiera alle persone coinvolte per il loro impegno e sacrificio. Una costante che rende simili queste trame è che i protagonisti non si conoscono direttamente ma le loro esperienze di vita vissuta si accumuna in un filo vitale e coloratissimo che si intreccia; in questo romanzo la loro distanza è spaziale, cioè di notevole distanza geografica (India, Italia e Canada), mentre per l’altro romanzo una distanza temporale di due generazioni. L’altra costante è che questo intrecciarsi delle vicende vede sempre protagoniste donne, non donne qualsiasi, ma donne tenaci, combattive e forti anche se la loro storia proviene da grandi fatiche, brucianti sconfitte e cocenti delusioni. Conforta vedere con quale vigore queste donne sublimino l’impatto di predestinazione critica e negativa in nuove opportunità di bene, di vita e di rivincita, dando a loro stesse e al lettore una significativa lezione positiva, di impegno, di progettualità nel vivere la propria vita da protagoniste. Altro elemento che emerge è l’iniziale solitudine di queste donne, commuove osservare questo schiacciamento nell’angolo oscuro della vita, dove nessuno viene a visitarti e l’unica domanda che ti passa per la testa è: perché? Ma la risposta non c’è, a salvare queste donne in definitiva è l’incontro vero con l’Amore, l’amore per i propri figli, per il proprio Dio, per il proprio compagno, per il proprio padre, per la propria famiglia, per le proprie operaie, per se stesse (che non è egoismo) come prassi propedeutica all'incontro con l'altro e con l'oltre. L’unico modo per salvarci è uscire da se stessi, incontrare nelle sue varie forme l’Amore e che questo proviene da dimensioni spazio/temporali diversissime, ma capace di costruire e costituire una Umanità degna di essere vissuta. Vi propongo una bellissima canzone di Francesca Michielin: “L’Amore Esiste”https://youtu.be/E328Pxe0wiw
MASSIMO PERLINI - 1 anno fa
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Per le antiche scale - Mario Tobino
“Per le Antiche Scale” di Tobino Mario.
Dopo aver letto questa raccolta di racconti, poche sono le parole, i pensieri e le riflessioni. Prevale in me un sentimento di silenzio, di raccoglimento e di rispetto. Siamo collocati nel mondo sconosciuto e alieno della malattia mentale dalla quale tutti cerchiamo di fuggire, di scartare quasi fosse un luogo di persone intoccabili. Figli di un dio minore? No! Sono persone! Sono persone! Sono persone! Il protagonista “dottor Anselmo” non li ha solo curati, accuditi, protetti, ma li ha semplicemente amati perché ha compreso che comunque qualche piccolo pertugio di comunicabilità lo si trovava sempre e come dice un proverbio: “si fa con quello che si ha!” Magari ti accorgi che è molto di più di quello che hanno le persone “normali”. Ottima e scorrevole la prosa dell’autore e il linguaggio usato, forse sono un po’ troppo venti racconti in circa duecento pagine, ma forse è quello, il solo poco, il residuale che ne può uscire da queste situazioni al confine esistenziale. Penso che sia indirettamente una dimostrazione della esiguità relazionale, ma bisogna accontentarsi, “si fa con quello che si ha”. Una preghiera, un pensiero, una vicinanza e una canzone di Simone Cristicchi per le persone coinvolte e alle loro famiglie. https://youtu.be/x8RiA5ZRKMs
MASSIMO PERLINI - 1 anno fa
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