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Orientarsi tra post-verità, dipendenze digitali e fake news

 

L’utilizzo e la diffusione di Internet e dei servizi di comunicazione online rappresentano forse il fenomeno socio-culturale più imponente e rilevante degli ultimi decenni. Il web e i social media hanno messo a disposizione spazi e risorse prima impensabili e, soprattutto in periodi di isolamento e di distanza, stanno consentendo di conservare contatti e relazioni e di accedere da casa a risorse e servizi. Tuttavia, manifestano anche delle vere e proprie sfide gestionali, specialmente in materia di accessibilità, di divulgazione di dati sensibili e sensibilissimi e infine di conservazione di tali dati. Inoltre, si pongono importanti e delicate questioni per quel che riguarda la tutela della privacy e la certificazione delle fonti informative.

La diffusione di informazioni distorte, non verificabili e in alcuni casi inventate non è però un fenomeno nuovo. Il grande medievista Marc Bloch ebbe un’esperienza diretta di come le false notizie si alimentassero e propagassero durante la Prima guerra mondiale e ne trasse le Riflessioni di uno storico sulle false notizie della guerra, riflessioni ancora oggi molto valide. Anche Georges Lefebvre, altro grande storico del secolo scorso, si dedicò allo studio dei meccanismi emotivi e comunicativi nel diffondersi delle notizie: il risultato è La grande paura dell’Ottantanove (1932), un saggio che getta una luce tutta particolare sulle cause della Rivoluzione francese (vedi anche: La rivoluzione delle voci: la grande paura del 1789, di Alessandro Grelli). Di fake news si è occupato anche Robert Darnton, uno dei maggiori storici culturali dei nostri anni, a partire dal famigerato (ma probabilmente mai avvenuto) episodio che ebbe come protagonista una cinica quanto lapidaria Maria Antonietta che, ai rapporti che descrivevano un popolo affamato e in rivolta rispondeva: "Se non hanno pane, che mangino brioches!".

Internet e la rete informativa costruita negli ultimi anni hanno portato fenomeni di questo tipo ad un livello non soltanto quantitativamente, ma anche qualitativamente diverso, tanto che in ambito filosofico e sociologico è stato coniato il termine "post-verità" per identificare uno stato di trasmissione della conoscenza in cui quel che conta non è lo statuto di verificabilità dell’enunciato, ma il successo del suo recepimento, vale a dire della sua diffusione.

Le biblioteche sono in prima fila, assieme agli archivi e ai musei, per proporre antidoti efficaci a simili patologie comunicative. Scopo primario di un istituto come la biblioteca è infatti la promozione di una lettura prolungata e duratura di documenti (i libri) che hanno alle spalle un processo di produzione ancor più prolungato e duraturo. Basti pensare che la Biblioteca Civica conserva frammenti pergamenacei del IX secolo e numerosi manoscritti datati tra XII e XV secolo, oltre a moltissime edizioni a stampa antiche, che testimoniano un processo lento e accurato di costruzione del sapere, un processo colmo di dettagli che ancor oggi ci testimoniano il loro valore. Inoltre, i libri – così come i documenti archivistici – si propongono al lettore come materiale informativo che vanta una caratteristica importantissima ai fini della conoscenza: la rintracciabilità. Innanzitutto, un libro è catalogato e collocato: se lo chiedete a un bibliotecario, o se lo cercate su uno scaffale, è perché ha un suo posto designato (se non lo avesse sarebbe un grosso guaio). E poi il suo contenuto si può far risalire a un autore ed eventualmente a una bibliografia.

In definitiva, la lettura dei libri difende da quella che Italo Calvino in una delle sue Lezioni americane definiva “peste del linguaggio”:

Non m’interessa qui chiedermi se le origini di quest’epidemia siano da ricercare nella politica, nell’ideologia, nell’uniformità burocratica, nell’omogeneizzazione dei mass-media, nella diffusione scolastica della media cultura. Quel che mi interessa sono le possibilità di salute. La letteratura (e forse solo la letteratura) può creare degli anticorpi che contrastino l’espandersi della peste del linguaggio.

 

Questa bibliografia propone di adoperare un mezzo digitale, l’ebook, per stimolare letture e ragionamenti su un vasto spettro di questioni riguardanti l’utilizzo della rete, quali le dipendenze digitali, il trattamento dei dati personali, la post-verità, il giornalismo e molte altre. Inoltre, vengono proposte delle risorse, sempre digitali, per stimolare ulteriormente l’approfondimento e il superamento di quel velo di comunicazione immediata e sensazionale che è la “pioggia ininterrotta d’immagini” di cui parla Calvino.

 

 
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Le teorie delle comunicazioni di massa e la sfida digitale
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Bentivegna, Sara - Boccia Artieri, Giovanni

Le teorie delle comunicazioni di massa e la sfida digitale

Laterza, 02/05/2019

Abstract: A distanza di quindici anni dalla pubblicazione del manuale Teorie delle comunicazioni di massa di Sara Bentivegna, che si è imposto come testo di riferimento per numerosissimi corsi universitari, un libro completamente nuovo rilegge le teorie classiche alla luce della rivoluzione digitale.I mass media manipolano l'opinione pubblica? In quali modi? Con il passaggio al digitale stiamo assistendo alla costruzione di nuove forme di propaganda? Come leggere fenomeni come le fake news, le echo chambers o la polarizzazione dei pubblici online? Gli autori rispondono a queste domande esponendo le diverse teorie che hanno accompagnato lo sviluppo e l'affermazione delle comunicazioni di massa e rileggendone gli strumenti concettuali alla luce della rivoluzione digitale degli ultimi anni. Descrivono, inoltre, in modo puntuale le principali trasformazioni che riguardano il potere dei media nei processi di costruzione della realtà sociale e nei confronti dell'audience.