Conosceva ogni piega del suo corpo. Sapeva da quale punto la pelle iniziava ad arrossarsi per il pudore, dove era più elastica, dove avrebbe lasciato intravvedere i tremori di un cigno. Sapeva dove avrebbe esternato la gioia e il dolore.
Alla memoria che il libro trasmette, per così dire, di proposito, si aggiunge la memoria di cui trasuda in quanto fisica, il profumo della storia di cui è impregnato.
Eccoci qua, come sempre schiacciati in uno spazio piccolissimo, un'astronave di alieni che osservano senza capirlo un mondo che passa veloce, sfocato, freddo. Da qui guardiamo in silenzio le contraddizioni di questo pianeta, le sue stupidità, e su di esse misuriamo la nostra condizione.
Desiderò essere in grado di dire «cosa significa provare un lutto, essere stati amati, essere abbandonati». Tutta la sua opera vibra di questo bisogno fondamentale.
Eccomi dunque in Svevia, nella mia patria: ancora una volta avrei trascorso la notte in una cittadina sveva. Lì trovai un facchino d'albergo, con il quale m'incamminai in direzione di una bella locanda d'altri tempi e poco prima che vi arrivassi e vi entrassi si levò una smagliante luna piena sopra il rettifilo dell'ampia strada provinciale. Mi dava di nuovo il benvenuto, e Dio solo sa quanto mi fece piacere.
Nessuno mi aveva mai detto che il dolore assomiglia tanto alla paura. Non che io abbia paura: la somiglianza è fisica. Gli stessi sobbalzi dello stomaco, la stessa irrequietezza, gli sbadigli. Inghiotto in continuazione.
Resta ciò che resta quando non resta niente: delle mosche per esempio, o dei volantini che certi studenti hanno infilato sotto tutte le porte del caseggiato e che vantano un nuovo dentifricio oppure offrono una riduzione di venticinque centesimi a ogni acquirente di tre pacchi di detersivo, o ancora dei vecchi numeri del Jouet français, la rivista che ha ricevuto per tutta la vita e il cui abbonamento ha continuato a decorrere per qualche mese dopo la sua morte, oppure quelle piccole cose che ciondolano sui pavimenti o in un angolo d'armadio e di cui non si sa bene come siano venute né perché siano rimaste: tre fiori di campo appassiti, steli molli all'estremità dei quali languono filamenti d'aspetto calcinato, una bottiglia vuota di cocacola, una confezione per dolci, aperta, ancora insieme alla sua cordicella di finta rafia e sulla quale le parole "Aux délices de Louis XV, Pâtissiers-Confiseurs depuis 1742" disegnano un bell'ovale circondato da una ghirlanda affiancata da quattro amorini paffuti, o, dietro la porta che dà sul pianerottolo, una specie di attaccapanni di ferro battuto con uno specchio incrinato in tre parti di superfici asimmetriche vagamente simili a una Y nella cornice del quale è ancora infilata una cartoina che raffigura una giovane atleta chiaramnte giapponese che regge a braccio teso una fiaccola accesa.
Ultime recensioni inserite
Bellezza e tristezza - Yasunari Kawabata
Non c'è aria ma il mondo è allagato di luce.
Neve di primavera
Conosceva ogni piega del suo corpo. Sapeva da quale punto la pelle iniziava ad arrossarsi per il pudore, dove era più elastica, dove avrebbe lasciato intravvedere i tremori di un cigno. Sapeva dove avrebbe esternato la gioia e il dolore.
L'uomo che cadde sulla terra
Non so perché non sia ancora successo. Non so perché non ci siamo ancora ubriacati fino alla morte. O amati fino alla morte.
La memoria vegetale e altri scritti di bibliofilia - Umberto Eco
Alla memoria che il libro trasmette, per così dire, di proposito, si aggiunge la memoria di cui trasuda in quanto fisica, il profumo della storia di cui è impregnato.
Da che cosa dobbiamo salvare i libri?
La natura sa quasi tutto - Albergo Casiraghy, Sonia Maria Luce Possentini, Gabriel Pacheco
Diventa ciò che sei.
Bastardi rocchenroll - testo Stefano Pisani
Eccoci qua, come sempre schiacciati in uno spazio piccolissimo, un'astronave di alieni che osservano senza capirlo un mondo che passa veloce, sfocato, freddo. Da qui guardiamo in silenzio le contraddizioni di questo pianeta, le sue stupidità, e su di esse misuriamo la nostra condizione.
Autunno tedesco - Stig Dagerman
Desiderò essere in grado di dire «cosa significa provare un lutto, essere stati amati, essere abbandonati». Tutta la sua opera vibra di questo bisogno fondamentale.
L' immortalità - Milan Kundera
Solitudine: dolce assenza di sguardi.
Viaggio a Norimberga
Eccomi dunque in Svevia, nella mia patria: ancora una volta avrei trascorso la notte in una cittadina sveva. Lì trovai un facchino d'albergo, con il quale m'incamminai in direzione di una bella locanda d'altri tempi e poco prima che vi arrivassi e vi entrassi si levò una smagliante luna piena sopra il rettifilo dell'ampia strada provinciale. Mi dava di nuovo il benvenuto, e Dio solo sa quanto mi fece piacere.
Diario di un dolore - C. S. Lewis
Nessuno mi aveva mai detto che il dolore assomiglia tanto alla paura. Non che io abbia paura: la somiglianza è fisica. Gli stessi sobbalzi dello stomaco, la stessa irrequietezza, gli sbadigli. Inghiotto in continuazione.
Il diario fiorentino - Rainer Maria Rilke
Arrivavo a te pieno di futuro. E per abitudine cominciammo a vivere il nostro passato.
Racconti in un palmo di mano - Kawabata Yasunari
Va bene. Sono capitato qui da te guardando al futuro.
Narciso e Boccadoro - Hermann Hesse
Aprì gli occhi, ritornando da foreste di sogno.
R: La vita, istruzioni per l'uso - Georges Perec
Resta ciò che resta quando non resta niente: delle mosche per esempio, o dei volantini che certi studenti hanno infilato sotto tutte le porte del caseggiato e che vantano un nuovo dentifricio oppure offrono una riduzione di venticinque centesimi a ogni acquirente di tre pacchi di detersivo, o ancora dei vecchi numeri del Jouet français, la rivista che ha ricevuto per tutta la vita e il cui abbonamento ha continuato a decorrere per qualche mese dopo la sua morte, oppure quelle piccole cose che ciondolano sui pavimenti o in un angolo d'armadio e di cui non si sa bene come siano venute né perché siano rimaste: tre fiori di campo appassiti, steli molli all'estremità dei quali languono filamenti d'aspetto calcinato, una bottiglia vuota di cocacola, una confezione per dolci, aperta, ancora insieme alla sua cordicella di finta rafia e sulla quale le parole "Aux délices de Louis XV, Pâtissiers-Confiseurs depuis 1742" disegnano un bell'ovale circondato da una ghirlanda affiancata da quattro amorini paffuti, o, dietro la porta che dà sul pianerottolo, una specie di attaccapanni di ferro battuto con uno specchio incrinato in tre parti di superfici asimmetriche vagamente simili a una Y nella cornice del quale è ancora infilata una cartoina che raffigura una giovane atleta chiaramnte giapponese che regge a braccio teso una fiaccola accesa.
Il fuoco - Gabriele D'Annunzio
Io ho una profonda devozione per le sue mani sensitive.