Egea Haffner, Gigliola Alvisi, "La bambina con la valigia"
«Io avevo solo tre anni e mezzo quando, fra il 4 e il 5 maggio del 1945, venne prelevato mio papà. Lo prelevarono dicendo: "Venga al comando solo per una formalità". Mio padre chiese se doveva portare qualcosa, gli dissero di no e uscì con una giacchetta e una sciarpa al collo. Mia mamma non lo vide più e nemmeno io. Non c'è una tomba, è sparito nel nulla». Egea Haffner è diventata il simbolo dell'esodo giuliano dalmata, è la bambina con la valigia con la scritta esule giuliana 30001, in una fotografia diventata iconica.
Quell'immagine è sulla copertina del libro La bambina con la valigia edito da Piemme in cui Egea Haffner racconta con Gigliola Alvisi il suo viaggio di esule al tempo delle foibe. È un libro per ragazzi, volutamente pensato per far conoscere questo pezzo di storia cui è collegato il Giorno del ricordo, che commemora tutte le vittime delle foibe e vuole mantenere la memoria dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra. [Continua a leggere su www.vanityfair.it]
Egea Haffner, come spiega Gigliola Alvisi, «è una donna forgiata nell'acciaio. Il nostro incontro è avvenuto per mia volontà. Volevo accendere una luce su questo pezzo di storia italiana oltre gli attuali confini e volevo che i ragazzi leggessero e sapessero. Mi è caduto l'occhio sulla foto di Egea e l'ho contattata. Pensavo di trovare una persona anziana persa fra i ricordi, magari poco attendibili, e diffidente. E invece ho trovato una persona formidabile con ricordi vivissimi la cui unica paura, oggi, è quella di essere strumentalizzata. Il nostro patto è stato che lei avrebbe avuto il controllo totale della sua storia che non è molto conosciuta. Alla fine del conflitto - afferma ancora Alvisi - si scatenò una sorta "guerra tra poveri" e dipendeva dal fatto che il paese era stremato e, in più, i profughi erano considerati fascisti perché avevano lasciato il regime jugoslavo comunista. Ma lei era piccolissima, non poteva certo prendere posizioni e suo padre non era fascista. Ecco perché non vuole diventare la bandiera di qualcuno. La sua storia è limpida, cristallina. Credo che ne sia uscito un buon libro per ragazzi che suscita domande senza dare risposte confezionate. Lo scopo è incuriosire i giovani e accendere appunto una luce».
Tutto vero, perché Egea Haffner, all'inizio della nostra chiacchierata, ci tiene subito a precisare una cosa: «Io non sono di destra e non sono nemmeno di sinistra. Ho rifiutato la cittadinanza onoraria di una città che voleva darla anche a Liliana Segre e per par condicio anche a me. Sono due storie diverse, situazioni diverse. Anche se i morti sono tutti uguali. Ma sembrava che la signora Segre fosse il simbolo della sinistra e io della destra. No, a questo non ci sto. Va bene così dunque. La cittadinanza io ce l'ho ed è quella italiana. Non voglio essere tirata per la giacca». [Continua a leggere su www.agi.it]
IN RETE:
- La bambina con la valigia, storia di Egea Haffner, di Francesca Boccaletto, sul sito Il Bo Live Università di Padova
- Recensione di Lucia Pareti, sul sito Gariwo, la foresta dei giusti