Roberto Calasso (Firenze, 30 maggio 1941 – Milano, 28 luglio 2021) è stato uno scrittore e editore italiano. Saggista e narratore, nel 1962, a soli 21 anni, insieme a Roberto Bazlen e Luciano Foà, lavora al progetto di una nuova casa editrice. L'anno dopo nasce Adelphi, di cui Calasso sarà direttore editoriale dal 1971. In seguito, all'interno della casa editrice, ricoprirà diverse cariche fino a divenirne proprietario nel 2015.

Come scrittore, a partire dall'inizio degli anni ottanta, Roberto Calasso si dedica a un'opera in varie parti: tutte sono strettamente connesse fra loro attraverso lo stile inconfondibile dell'autore, ma sono l'una diversa dall'altra per ambientazione e tema. Di quest'opera sono stati pubblicati undici volumi, che formano un insieme di oltre quattromila pagine.  

  1. La rovina di Kasch (1983), libro composito che ha come perno la figura di Talleyrand e una teoria del sacrificio;
  2. Le nozze di Cadmo e Armonia (1988), visione della Grecia antica attraverso la narrazione dei suoi miti, nel loro intreccio con la storia, il pensiero e la letteratura;
  3. Ka (1996), libro in cui un procedimento analogo a quella delle Nozze viene applicato alla materia indiana, dai Veda al Buddha;
  4. K. (2002), sull'opera di Kafka;
  5. Il rosa Tiepolo (2006), che ha al suo centro Giambattista Tiepolo;
  6. La Folie Baudelaire (2008) intreccio di storie che si diramano da un sogno di Baudelaire;
  7. L'ardore (2010), centrato soprattutto sul mondo vedico;
  8. Il cacciatore celeste (2016), narra del passaggio dell'uomo da raccoglitore a cacciatore;
  9. L'innominabile attuale (2017);
  10. Il libro di tutti i libri (2019);
  11. La tavoletta dei destini (2020).

Sull'opera di Roberto Calasso è disponbile l'ebook:
Elena Sbrojavacca, Letteratura assoluta. Le opere e il pensiero di Roberto Calasso, Milano: Feltrinelli, 2021.

Sul sito della trasmissione Fahrenheit (Radio 3) è diponibile un'intervista a Elena Sbrojavacca: La Letteratura come esperienza totale, ricordo di Roberto Calasso 


I LIBRI UNICI

All’inizio si parlava di libri unici. Adelphi non aveva ancora trovato il suo nome. C’erano solo pochi dati sicuri: l’edizione critica di Nietzsche, che bastava da sola a orientare tutto il resto. E poi una collana di Classici, impostata su criteri non poco ambiziosi: fare bene quello che in precedenza era stato fatto meno bene e fare per la prima volta quello che prima era stato ignorato. Sarebbero stati stampati da Mardersteig, come anche il Nietzsche. Allora ci sembrava normale, quasi doveroso. Oggi sarebbe inconcepibile (costi decuplicati, ecc.). Ci piaceva che quei libri fossero affidati all’ultimo dei grandi stampatori classici. Ma ancora di più ci piaceva che quel maestro della tipografia avesse lavorato a lungo con Kurt Wolff, l’editore di Kafka.

Per Bazlen, che aveva una velocità mentale come non ho più incontrato, l’edizione critica di Nietzsche era quasi una giusta ovvietà. Da che cosa si sarebbe potuto cominciare altrimenti? In Italia dominava ancora una cultura dove l’epiteto irrazionale implicava la più severa condanna. E capostipite di ogni irrazionale non poteva che essere Nietzsche. Per il resto, sotto l’etichetta di quell’incongrua parola, disutile al pensiero, si trovava di tutto. E si trovava anche una vasta parte dell’essenziale. Che spesso non aveva ancora accesso all’editoria italiana, anche e soprattutto per via di quel marchio infamante.

In letteratura l’irrazionale amava congiungersi con il decadente, altro termine di deprecazione senza appello. Non solo certi autori, ma certi generi erano condannati in linea di principio. A distanza di qualche decennio può far sorridere e suscitare incredulità, ma chi ha buona memoria ricorda che il fantastico in sé era considerato sospetto e torbido. Già da questo si capirà che l’idea di avere al numero 1 della Biblioteca Adelphi un romanzo come L’altra parte di Kubin, esempio di fantastico allo stato chimicamente puro, poteva anche suonare provocatorio. Tanto più se aggravato dalla vicinanza, al numero 3 della collana, di un altro romanzo fantastico: il Manoscritto trovato a Saragozza di Jan Potocki (e non importava se in questo caso si trattava di un libro che, guardando alle date, avrebbe potuto essere considerato un classico).

Quando Bazlen mi parlò per la prima volta di quella nuova casa editrice che sarebbe stata Adelphi – posso dire il giorno e il luogo, perché era il mio ventunesimo compleanno, maggio 1962, nella villa di Ernst Bernhard a Bracciano, dove Bazlen e Ljuba Blumenthal erano ospiti per qualche giorno –, evidentemente accennò subito all’edizione critica di Nietzsche e alla futura collana dei Classici. E si rallegrava di entrambe. Ma ciò che più gli premeva erano gli altri libri che la nuova casa editrice avrebbe pubblicato: quelli che talvolta Bazlen aveva scoperto da anni e anni e non era mai riuscito a far passare presso i vari editori italiani con i quali aveva collaborato, da Bompiani fino a Einaudi. Di che cosa si trattava? A rigore, poteva trattarsi di qualsiasi cosa. 

(Roberto Calasso, L’impronta dell’editore, 2013)

Le opere di Roberto Calasso

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